Carcere di Bollate, “I Fili Rossi”: l’arte tessile contro la violenza sulle donne
Milano – Il Laboratorio Artemisia, formato dai detenuti del Settimo Reparto del Carcere di Milano-Bollate, presenta “I Fili Rossi”, un’opera d’arte tessile che rappresenta un potente messaggio contro la violenza sulle donne e la discriminazione di genere. Il progetto, realizzato dai detenuti del settimo reparto del Carcere di Milano-Bollate in collaborazione con l’artista Nadia Nespoli, sarà esposto dal 15 novembre al 15 dicembre presso il Tribunale di Sorveglianza Milano (via Freguglia, 1 – 7° Piano). L’opera, una tela rettangolare di 44×22 centimetri realizzata in puro cotone ritorto rosso, è stata interamente lavorata a mano utilizzando la tecnica dell’uncinetto. La scelta del colore rosso non è casuale, ma rappresenta il simbolo universale della lotta contro la violenza di genere. La particolarità di questo progetto risiede non solo nel suo messaggio sociale, ma anche nel processo creativo che ha visto protagonisti i detenuti, impegnati nell’apprendimento di una tecnica tradizionalmente femminile come l’uncinetto. Questo percorso ha rappresentato per loro un’opportunità di riflessione e di cambiamento personale. “I Fili Rossi non è semplicemente un pannello monocromo,” spiega Nadia Nespoli, “ma rappresenta ore di dialogo, di lavoro manuale e di profonda riflessione. Ogni filo intrecciato racconta una storia di consapevolezza e di trasformazione.” Giorgio Leggieri, direttore del carcere di Bollate, sottolinea l’importanza dell’iniziativa: “Questo progetto rappresenta perfettamente il modello di reinserimento che caratterizza il nostro istituto. Vedere i detenuti impegnati in un’attività artistica che li porta a riflettere sulla violenza di genere è un esempio concreto di come l’arte possa diventare strumento di rieducazione e cambiamento. ‘I Fili Rossi’ non è solo un’opera d’arte, ma rappresenta un ponte che collega il carcere e la società civile.” L’installazione sarà collocata su una colonnina espositiva alta 180 centimetri, realizzata in laboratorio con materiale riciclato, appositamente progettata per garantire la massima sicurezza all’interno degli spazi del Tribunale. L’opera sarà posizionata a 111 centimetri da terra, permettendo una perfetta visibilità e interazione con il pubblico. Questo progetto rappresenta un esempio concreto di come l’arte possa diventare strumento di rieducazione e di sensibilizzazione sociale, creando un ponte tra il “dentro” e il “fuori” delle mura carcerarie.