Stanzione (Cgil): astensionismo e crisi finanziaria, democrazia ed economia chiedono soluzioni democratiche

Milano – Intervento di Luca Stanzione, segretario generale della Camera del Lavoro metropolitana di Milano, sul giornale online contropiede.eu. “Queste trascorse elezioni europee ci consegnano un dato macroscopico: vota meno della metà degli aventi diritto al voto. Sulla composizione del voto europeo si sono spese innumerevoli analisi, sarebbe importante un’analisi del non voto. Cosa c’è dentro anche all’astensione italiana? Questo silenzio deve preoccupare tutte le forze sociali e politiche. Può esserci una cronicizzazione dell’astensione, della non partecipazione al voto sul modello degli Stati Uniti. Può esserci la belva nera, che è quella che ha fatto perdere 500.000 voti alla destra italiana, ma che aspetta una offerta populista di destra peggiore di quella che abbiamo. Oppure può esserci una via d’uscita democratica, progressista. Ed è quello che potrebbe aver portato ai partiti progressisti in Italia un aumento dei voti assoluti. Qualche giorno e si vota in Francia. Il Presidente ha scelto di ridare la parola ai francesi. Non si tratta solo di un fatto politico, ma anche economico. Una chiusura ulteriormente nazionalista della Francia, che insieme alla Germania è sì una delle più grandi economie europee, ma soprattutto è tra gli stati fondatori dell’Unione Europea, rischia per la prima volta nella sua storia di mettere in discussione il patto europeo. E in discussione anche il punto di equilibrio, così fragile, che è stato raggiunto che ridefinisce il patto di stabilità. Tutto questo ha un’incidenza sulla nostra economia, così come ce l’ha la recessione tedesca, per esempio sull’industria metalmeccanica, a Milano, guardando alla stagnazione che abbiamo negli ultimi sei mesi. C’è un nesso tra dove andrà la Francia e la qualità della nostra economia. In questo quadro, la scelta del governo italiano di fare una campagna europea tutta contraddistinta da una chiusura dell’Italia e da una manifesta vicinanza ai nazionalismi alla Orban, ma nel frattempo cercare un accordo con i Popolari, ha prodotto il fatto che la maggioranza che voterà il mandato della Presidente Von Der Leyen vede l’esclusione dei conservatori italiani da quella maggioranza politica. Da progressisti, potremmo accoglierla come una buona notizia. Ma d’altro canto, è un fatto che mette l’Italia in grande difficoltà. I conservatori che governano il paese si trovano oggi all’opposizione di quella Unione Europea, che deve erogare all’Italia la fine delle tranches del PNRR, per un totale di 198 mln di euro. Noi oggi siamo già oggetto di una procedura per eccesso di deficit, insieme ad altri sei paesi europei. Vuol dire che a settembre la discussione sulla manovra finanziaria, per far fronte alla procedura, parte già con 12 mln di euro mancanti e se viene confermata la manovra sull’irpef, ne mancano altri 15. Bankitalia stima il deficit al 7.4%, mentre nel Nadef era stato dichiarato al 5.3. Mentre noi siamo coinvolti dalla procedura, Moody’s declassa la Francia per quella svolta nazionalista. A novembre avremo le elezioni negli Stati Uniti, che rischiano di consegnarci un quadro di ulteriore instabilità dello scenario internazionale, uno scenario con degli Stati Uniti chiusi, nazionalisti, ultra conservatori dentro la ridefinizione delle reti globali del valore può produrre il fatto che l’Europa rimanga ulteriormente isolata, dopo un breve tratto di tempo, in cui la riorganizzazione delle filiere produttive ha visto in Europa molti degli investimenti degli Stati Uniti. Se gli Stati Uniti si chiudono anche le reti di approvvigionamento e di accumulazione del valore europee rischiano di chiudersi. Basti guardare all’investimento che gli Stati Uniti stanno facendo di riallocazione della costruzione dei microchip di quarta generazione in Europa. Forse qualcuno spera negli Stati Uniti chiusi e nazionalisti, per vedere cessare delle guerre come quella in Ucraina. È una condizione di maggiore instabilità e di maggiore difficoltà dentro al nostro sistema produttivo. Mentre ci stiamo giustamente candidando ad avere la sesta rata (8,5 mld) e stiamo aspettando la quinta (10,5 mld), abbiamo già incassato 113 mld di euro dei soldi del PNRR, ma ne abbiamo spesi solo 43. Siamo straordinariamente indietro nella realizzazione degli obiettivi. Sembra di essere di fronte a una tempesta perfetta, che rischia di produrre nel nostro tanto indebolito paese una delle crisi economiche più simili a quelle che abbiamo già conosciuto tra il 2008 e il 2011, così come afferma anche Bankitalia”.