Rapporto sugli incidenti sul lavoro

Rapporto sugli incidenti sul lavoro

Roma – Gli incidenti mortali sul lavoro in Italia, nei primi 8 mesi dell’anno, sono stati 677, con una media di quasi tre vittime al giorno. Rispetto al medesimo periodo del 2021, quando le vittime furono 772, si registra un sensibile calo del 12,3%. I dati dell’Inail sono stati diffusi dall’Anmil, a Fiume Veneto (Pordenone), in occasione della Giornata nazionale per le vittime degli incidenti sul lavoro. In totale, gli infortuni denunciati nel periodo gennaio-agosto sono 484.561 (cioè 2.019 al giorno), con un aumento del 38,7% rispetto ai 349.449 dei primi otto mesi del 2021. Le malattie professionali sono state 39.367 (+7,9%). Nei primi otto mesi del 2022 la situazione delle morti sul lavoro, sulla scia della forte diminuzione dei casi da Covid, si sta ritirando su valori più contenuti ma negli ultimi cinque anni il numero delle vittime è cresciuto del 15,5% dalle 1.178 del 2017 alle 1.361 dello scorso anno, passando per il picco di 1.684 morti del 2020, un valore che nel nostro Paese non si registrava addirittura dagli anni’80. Sui dati ha pesato molto il bilancio degli morti dovuti ad infezione da Covid in ambito lavorativo: nel 2020 ne sono stati denunciati circa 570, nel 2021 circa 250.    I dati del 2021 confermano il settore delle Costruzioni come quello con maggiori morti sul lavoro – 196 persone decedute, il 14,4% del totale – in Italia seguite dal settore Trasporti (179 casi e 13,2%) e in Agricoltura (139 casi e 10,2%). Purtroppo si tratta di una conferma, da studi recentemente elaborati da esperti Inail emerge come nelle Costruzioni almeno il 60% delle morti è causato da cadute dall’alto (tetti, ponteggi, impalcature,..), mentre nell’Agricoltura circa il 50% dei decessi deriva dal ribaltamento del trattore (si tratta ancora di macchinari spesso obsoleti e privi di dispositivi di protezione). Se si guarda agli infortuni sul lavoro complessivi, invece, a partire dal 2011 e fino al 2019, si è riscontrata una sostanziale stazionarietà nell’andamento delle denunce di infortunio, circa 645.000 casi/anno. Ma nel 2020 la pandemia da Covid, con i vari blocchi e rallentamenti delle attività che hanno riguardato praticamente tutte le principali attività produttive ed i settori ad esse collegati, ha comportato una drastica riduzione sia degli occupati e del monte ore lavorate che degli infortuni sul lavoro, diminuiti di oltre 70.000 casi attestandosi su circa 572.000 unità per scendere ulteriormente a circa 564.000 nel 2021. Accanto ai settori che tradizionalmente registrano un maggior numero di infortuni nel 2021 vedono crescere nella graduatoria il settore della Sanità che si piazza al primo posto con 53.000 infortuni pari al 9,4% del totale. Si tratta naturalmente delle conseguenze della pandemia che hanno stravolto questo settore, sia direttamente attraverso le numerose denunce di infortunio da Covid da parte di operatori sanitari in continuo e stretto contatto con persone contagiate, sia indirettamente a causa delle critiche condizioni di lavoro, con stress e ritmi di lavoro sempre più pressanti che hanno favorito la crescita anche dei tradizionali infortuni (cadute, scivolamenti, traumi da sollevamento pesi e pazienti). “La sicurezza nei luoghi di lavoro non è stata una priorità per le forze politiche che si sono candidate a governare il nostro Paese: riferimenti alla sicurezza nei luoghi di lavoro scarsi e poco concreti, eccetto qualche raro proclama e nessuna strategia per dare una svolta a questo dramma ben noto. E questo nonostante il tempestivo appello che abbiamo indirizzato ai principali leader politici all’indomani della crisi di governo, con l’obiettivo di stimolare una riflessione e l’assunzione di un impegno per il futuro, anche mettendoci a disposizione per un confronto”. Così il presidente nazionale Anmil, Zoello Forni.