Milano – Analisi approfondita del Corriere Della Sera sul mondo del lavoro a Milano, grazie ai dati della Cgil. In estrema sintesi: resistono i contratti a tempo indeterminato, ma crescono velocemente quelli a termine, con una frenata dei nuovi avviamenti anche dopo la fine dell’emergenza. “La verità è che il lavoro era già da tempo orientato a un profondo mutamento che l’emergenza sanitaria ha semmai rinviato, stretto tra bonus, cassa integrazione gratuita, chiusura di attività e limitazioni all’esercizio del licenziamento”, è la premessa dell’analisi del Dipartimento mercato del lavoro della Cgil milanese. Analizzando i dati Inps e quelli dell’Osservatorio della città metropolitana, lo studio realizzato da Antonio Verona, sottolinea che “lo stock dei lavoratori occupati nella città metropolitana, cioè la somma di tutti i rapporti di lavoro che sono succeduti negli ultimi quarant’ anni, è rappresentato dall’ 88 per cento di forme di lavoro a tempo indeterminato, ma la situazione risulta all’opposto se si considerano gli avviamenti di questo ultimo anno: nel 69 per cento dei casi si tratta di contratti a termine”. Secondo il sindacalista non è in vista un capovolgimento dello scenario, “ma è del tutto evidente una trasformazione per nulla transitoria, poiché scaturisce dalle condizioni strutturali del sistema produttivo che si sta riorganizzando. E a risultare penalizzata è proprio una parte della popolazione di lavoratori, quella più debole”. Una conferma di questa lettura, secondo l’analisi del sindacato, arriva dai dati su contratti e avviamenti al lavoro suddivisi per i diversi settori economici dell’area metropolitana milanese nel corso del 2021: il rapporto di lavoro stabile è ancora molto presente nel mondo bancario-assicurativo (64 per cento dei contratti), nel comparto manifatturiero interessa il 48 per cento della forza lavoro, nel comparto traporti-logistica si scende al 31 per cento dei casi, più o meno come accade nel commercio (30 per cento), mentre nel settore alberghiero e della ristorazione soltanto il 12 per cento degli addetti può contare sulla forma contrattuale più sicura. (…)