CGIA: Lombardia e Calabria campioni di lavoro nero

CGIA: Lombardia e Calabria campioni di lavoro nero

Mestre – Illegalità al top in Calabria per propensione e in Lombardia per impatto Ad eccezione del Molise, è diminuita in tutte le regioni d’Italia la dimensione dell’economia non osservata che, ricordiamo, è composta dalla sottodichiarazione, dal lavoro irregolare e dalle altre attività non dichiarate. A livello regionale gli ultimi dati disponibili sono riferiti al 2021 da cui emerge che, in valore assoluto, le contrazioni più importanti hanno riguardato il Lazio con -2,2 miliardi di euro, la Lombardia -1,9 miliardi, la Campania con -1 miliardo e la Toscana con -943 milioni di euro. A dirlo è l’Ufficio studi della CGIA. A seconda di come la misuriamo, in Lombardia o in Calabria Ci sono due unità di misura per valutare il peso dell’economia non osservata. In valore assoluto o in termini percentuali sul valore aggiunto regionale. Se si fa ricorso alla prima modalità, il fenomeno si concentra nelle regioni settentrionali che tendenzialmente sono caratterizzate da un maggior numero di abitanti e con un livello di ricchezza prodotta molto superiore alla media. Infatti, l’impatto più elevato dell’economia non osservata si registra in Lombardia con 31,3 miliardi di euro. Segue il Lazio con 20,9, la Campania con 18, il Veneto con 15 e l’Emilia Romagna con 14,8. Diversamente, se prendiamo come parametro di riferimento l’incidenza percentuale di questa piaga sociale ed economica sul valore aggiunto regionale (praticamente il Pil), la realtà più investita è la Calabria con il 19,2 per cento. Seguono la Campania con il 18, la Puglia con il 17,6, la Sicilia con il 17,3, la Sardegna e il Molise entrambe con il 16,3. Come si può notare, rapportando gli importi al valore aggiunto prodotto in ogni regione, si riscontra la consueta dicotomia tra regioni del Nord e quelle del Sud, con queste ultime che presentano una maggiore tendenza alla non-compliance. Anche la stima dell’evasione fiscale, intesa questa volta come imposte tasse e contributi non pagati, è in calo. Secondo i dati del Ministero dell’Economia e delle Finanze (MEF), nel 2021 (ultimo dato disponibile) l’evasione tributaria e contributiva presente in Italia è scesa a 82,4 miliardi di euro, di cui 72 riconducibili alle entrate tributarie e 10,4 ai contributi. Va segnalato che il dato complessivo rispetto al 2019 è diminuito di ben 17,8 miliardi (-17,8 per cento). Quali sono gli strumenti che hanno assicurato questi ottimi risultati? In primo luogo l’applicazione della cosiddetta compliance; in secondo luogo l’introduzione della fatturazione elettronica e l’obbligo dell’invio telematico dei corrispettivi; in terzo luogo gli effetti dello split payment7 in capo a chi lavora con la Pubblica Amministrazione e del reverse charge per le aziende che operano, in particolare, nel settore delle costruzioni. Per contrastare maggiormente l’evasione bisogna continuare nella diminuzione del carico fiscale complessivo ed essere inflessibili con chi è completamente sconosciuto al fisco. Ovviamente, bisogna essere altrettanto decisi nei confronti di coloro che, sebbene “targati”, fanno i furbi. Tutto questo, comunque, senza essere costretti ad inasprire la disciplina penale tributaria con l’intento giustizialista di gettare in galera gli evasori e buttare la chiave. Nel frattempo, riteniamo che per ridurre l’infedeltà fiscale e allinearci agli standard dei paesi europei meno interessati da questo fenomeno sia auspicabile mettere a punto in tempi rapidi un fisco meno aggressivo, più semplice, più trasparente e più equo, premiando chi produce, chi crea occupazione e genera ricchezza. Garantendo, allo stesso tempo, un gettito sufficiente a far funzionare la macchina dello Stato e per aiutare chi si trova in difficoltà.