Rivolta e disordini al Beccaria di Milano

Rivolta e disordini al Beccaria di Milano

Milano – Il carcere minorile di Milano è senza pace. Dopo i pestaggi dei mesi scorsi e i tentativi di rivolta, ieri sera, poco prima delle 22, al carcere minorile Beccaria di Milano si sono verificati gravi disordini. Alcuni detenuti – ha raccontato all’Ansa Gennarino De Fazio, coordinatore nazionale della Uilpa polizia penitenziaria – hanno inscenato una rivolta forzando i presidi di sicurezza e arrivando alla portineria”.  Secondo le prime informazioni, gli incidenti sarebbero partiti con incendi in alcune celle. Per prudenza, ha spiegato De Fazio, i detenuti sono stati portati “in uno spazio comune” e da qui, anche grazie a una porta aperta “hanno approfittato della situazione tentando la fuga”. De Fazio ha parlato di “fortissimi disordini” affrontati dalla polizia penitenziaria “a ranghi ridottissimi facendo tutto quanto è nelle loro possibilità”. “Sono otto le persone ferite, tutti detenuti -ha aggiunto- Di questi uno è stato portato in ospedale”.  “Nel corso dei disordini, cui avrebbero preso parte tutti i 58 reclusi presenti, diversi hanno tentato di evadere e ben 4 sono riusciti a scavalcare il muro di cinta, ma dopo ore di ricerche – ha spiegato la Uilpa polizia penitenziaria in una nota – sono stati tutti rintracciati all’interno del perimetro che delimita il carcere e altri uffici del Dipartimento per la Giustizia Minorile e di Comunità”. “Grazie alla straordinaria opera delle donne e degli uomini della Polizia penitenziaria presenti e intervenuti liberi dal servizio – si legge nella nota – non ci sono state conseguenze irreparabili, ma si registrano alcuni contusi non gravi, sia fra i detenuti sia fra gli agenti, un ristretto è stato ricoverato in ospedale ed è momentaneamente piantonato dalla Polizia di Stato per mancanza di operatori della Penitenziaria”. “Una notte di ordinaria follia” è il modo in cui De Fazio ha definito la rivolta. Quanto è successo, come gli incidenti precedenti al Beccaria e in altre carceri, ha detto, “è la prova provata del fallimento organizzativo e gestionale del sistema penale inframurario minorile, che fa il paio con quello per gli adulti. Urge un cambio di passo che deve essere dettato dalla politica, prim’ancora che dalle amministrazioni” con l’assunzione del personale mancante (18 mila unità) e la riorganizzazione dell’intero apparato. “Auspichiamo che dal Ministero della Giustizia e dal Governo già in mattinata facciano sentire la loro voce con argomenti concreti e, soprattutto, che si varino misure tangibili e immediate. Temiamo, tuttavia – ha concluso -, di dover nuovamente ascoltare i soliti ritornelli stonati con roboanti annunci vuoti di contenuto”. “La rivolta avvenuta ieri sera all’interno dell’Ipm Beccaria di Milano è stata prontamente sedata e non vi è stato alcun tentativo di evasione da parte dei detenuti”. A precisarlo è il Dipartimento per la Giustizia Minorile e di Comunità che smentisce quindi alcune notizie trapelate questa mattina sugli organi di informazioni in merito al tentativo di evasione che sarebbe stato messo in atto dai detenuti”. Lo sottolinea un comunicato del ministero della Giustizia spiegando che tre detenuti si erano nascosti all’interno del perimetro dell’istituto e che sono stati riportati in cella. “Le azioni di rivolta hanno causato ingenti danni al Primo Gruppo ma l’intervento del personale della Polizia Penitenziaria ha consentito di ripristinare immediatamente l’ordine, mentre tre detenuti sono stati trovati e riportati in cella mentre erano nascosti nel perimetro murato del carcere”, conclude la nota. “I gravissimi disordini, con il ferimento di agenti penitenziari e di giovani detenuti, provocati dalla rivolta di massa nell’Istituto Beccaria di Milano, sedata nelle prime ore della mattinata grazie alla grande professionalità e al sacrificio del personale penitenziario che ha lavorato tutta la notte e il mattino, è l’ennesima testimonianza di quanto denunciamo da tempo: siamo in presenza di un istituto molto difficile in particolare per età e provenienza dei giovani detenuti”. Lo sottolinea in un comunicato Aldo Di Giacomo. segretario del Sindacato di polizia penitenziaria (Spp). “Il Beccaria – prosegue il sindacalista – è diventato da qualche mese il ‘caso’ di cosa accade negli istituti penali per minorenni dove sono 380 i ragazzi detenuti a marzo 2023 (tra cui 12 ragazze), pari al 2,7% del totale dei ragazzi in carico ai servizi della giustizia minorile”. “Dopo quanto è di nuovo accaduto – aggiunge Di Giacomo – sono convinto che nessuno, come accade già nelle carceri con detenuti di età adulta, possa più scaricare una situazione di gravissima emergenza sulla polizia penitenziaria che, invece, con i 13 arresti al Beccaria ha pagato sulla propria pelle le conseguenze maggiori, come le sta pagando nei 190 istituti penitenziari del Paese. Si ripropone ancora una volta la necessità, non più rinviabile, quanto meno di rivedere se non abolire del tutto il reato di tortura che grava come una spada di Damocle sugli agenti numerosi ancora in stato di detenzione e in numero maggiore sospesi dal servizio”. “Invece, sui detenuti giovani bisogna investire per evitare che non diventino carcerati abituali. L’attuale sistema carcerario per minori – rileva Di Giacomo – si rivela una sorta di scuola per delinquere con il 90% di chi entra che si avvia verso una ‘carriera criminale’ passando come stadio successivo immediato al carcere normale. Il 70% dei ragazzi entra per custodia cautelare, con una permanenza media di poco superiore ai100 giorni. Nel corso del 2023, il 79,3% degli ingressi in carcere si è avuto per custodia cautelare. Ben oltre la metà degli ingressi rimanenti (140 su 237) è avvenuta per esecuzione pena dalla libertà”. “Le misure da mettere in campo sono decisamente più complesse. Purtroppo il governo e il Dap non sono in grado di gestire la situazione. Dopo il decreto Caivano i detenuti sono aumentati in modo esponenziale. Serve una differenziazione dei reclusi per età e serve un programma personalizzato per ogni singolo detenuto giovane, con differenti linee di condotta nei suoi confronti”, conclude Di Giacomo.