Milano – La casa rappresenta un’infrastruttura basilare per ognuno di noi, è un diritto primario per i cittadini al pari del lavoro. Sappiamo tutti che oggi, purtroppo in Italia ma anche a livello Europeo, siamo in una situazione di pesante carenza abitativa, che penalizza non solo le fasce deboli ma anche il ceto medio ed in particolare i giovani, che hanno reali difficoltà di accesso alla casa. Cosa bisogna fare per combattere la carenza di alloggi? È una domanda che dovrà porsi in primis il nuovo Parlamento Europeo in quanto è necessario un approccio globale dell’UE per garantire alloggi sostenibili e a prezzi accessibili. Inoltre, la ristrutturazione di abitazioni ed edifici può contribuire in modo significativo al raggiungimento degli obiettivi dell’UE in materia di energia, compresa la lotta alla povertà energetica. La situazione è grave anche in conseguenza dell’effetto prezzi generato a ricaduta della guerra in Ucraina: abbiamo subito una impennata di oltre il 30 % dei costi negli ultimi due anni. Ma i prezzi, nel nostro Paese, non sono l’unica questione critica. I processi urbanistici sono lunghissimi, complessi e manca la certezza del diritto. Stante la situazione di grande criticità nella risposta al fabbisogno abitativo, sentiremo direttamente dal Ministro Salvini le novità introdotte. ma da quanto abbiamo potuto leggere ci sembra che questo decreto potrà intervenire per risolvere piccole difformità interne degli immobili. Dopo anni di attesa si fa chiarezza e si risponde ad una esigenza che viene dal basso, che semplifica la vita ai cittadini, sanando interventi minori, che però spesso impedivano di vendere la propria casa, ingolfando gli uffici con carichi burocratici inutili. Ci paiono misure di buon senso, che vanno ad incidere su situazioni interne, facendo finalmente chiarezza rispetto a normative che si sono stratificate nel tempo, creando, di fatto, solo tanta confusione. Ma questo decreto non risolve i problemi di casa, in particolare nelle aree a maggiore densità di domanda. Auspico, dunque, che il confronto continui e si possa mettere a terra il Piano Casa, un provvedimento che aiuti a rivedere le strategie pubbliche per riqualificare e potenziare l’edilizia sociale, ma allo stesso tempo permetta di intervenire per aumentare l’offerta di housing sociale, ovvero di case a basso costo per chi non può affrontare l’acquisto o l’affitto. È questa l’offerta che manca, che rende il mercato della casa difficile e genera le tensioni che ben conosciamo. È chiaro, però, che l’attuazione non può ricadere sul solo settore privato: affinché ciò accada è necessaria una mobilitazione di tutti gli attori pubblici, secondo una visione strategica condivisa a diversi livelli politici e amministrativi. È necessario soprattutto un ingaggio dello Stato e delle Regioni come partner istituzionali e finanziari. Oltretutto è necessario, cogliendo la presenza del Ministro, che si metta mano alla legge urbanistica del 1942. Viviamo in una società sempre più “dinamica”, sia dal punto di vista socioeconomico che sotto il profilo tecnologico, ambientale e ciò impone in generale una maggiore capacità di adattamento. Una seconda questione, a nostro avviso di primaria importanza, attiene al piano nazionale per l’attuazione della direttiva, così detta, case green. Abbiamo due anni per capire come intervenire sulle case degli italiani, ma prima sul patrimonio pubblico e su quello non residenziale. Senza una adeguata misura di incentivazione difficilmente raggiungeremo gli obiettivi Europei, anche se speriamo che il nuovo parlamento intervenga per spostare almeno i tempi dati ai Paesi per raggiungere gli ambiziosi traguardi. Auspichiamo che sia definito un percorso organico, flessibile, semplice, basato su misure di agevolazione e incentivazione per l’attuazione concreta degli interventi, che sia coerente negli obiettivi, nelle modalità e nei tempi a tutti i livelli di gestione della cosa pubblica. Per questo come ANCE abbiamo ribadito che serve affermare l’interesse pubblico degli interventi di rigenerazione urbana per adottare semplificazioni volte a rendere più agevole le operazioni di recupero, tra cui assume particolare rilevanza il tema della flessibilità dei cambi di destinazione d’uso necessaria per stimolare la formazione di un tessuto edilizio più funzionale alle esigenze economiche e sociali del territorio. Prima di concludere, permettetemi qualche considerazione sulla situazione che stiamo vivendo nella nostra Città a seguito delle inchieste avviate dalla Magistratura in questi mesi. La situazione è di grande, grande preoccupazione, e le conseguenze hanno ormai cominciato a farsi sentire in tutta la loro drammaticità. Devo innanzitutto ribadire, come ho già avuto modo di dichiarare, che alla Magistratura, a tutti i suoi livelli e articolazione degli Uffici, va il pieno rispetto per il lavoro che sta facendo, per le sue prerogative che il nostro ordinamento le assegna, e che non vogliamo minimamente né valutare né tantomeno giudicare. Auspichiamo che le inchieste facciano il loro corso, in tempi brevi. Quello che succede alla nostra città ci sta disorientando a tutti i livelli: imprenditori, professionisti e dipendenti del Comune che hanno agito in trasparenza nella convinzione di operare in piena legalità. Ora tutto è fermo a Milano. Le conseguenze le pagano in primis i cittadini che non trovano e non troveranno risposta alla loro crescente richiesta abitativa a prezzi adeguati e che vedranno limitato lo sviluppo della loro città, del loro territorio e delle opere pubbliche, che non potranno essere realizzate a causa del mancato introito degli oneri di urbanizzazione stimato in circa 150 milioni di entrate in meno per il 2024. La pagano poi i piccoli e medi imprenditori del territorio, che noi rappresentiamo, che vedono le loro attività bloccate con la grave conseguenza di non riuscire a pagare gli stipendi a fine mese del personale di ufficio e di cantiere. Considerate solo che hanno lavorato, lo scorso anno, nei nostri cantieri circa 80 mila operai!! Gli investitori, invece, semplicemente valuteranno altre opportunità, certamente non in Italia, perché ormai la vicenda milanese ha creato la convinzione che non c’è sufficiente certezza del diritto per sostenere i rischi imprenditoriali. Io mi sento di affermare, rispettando sempre e comunque il lavoro che sta facendo la Magistratura, e lo faccio anche a nome dei miei colleghi associati, che il nostro operato ha seguito le regole che il legislatore, con le varie modifiche e innovazioni succedutesi nel tempo, ha posto per lo svolgimento dei procedimenti urbanistici ed edilizi, a tutela del suolo, del paesaggio, dei diritti di terzi: insomma, a piena tutela dell’interesse pubblico dei cittadini, del territorio, della Città! Il presidio di queste norme è in capo a Dirigenti e Funzionari e a tutti gli Uffici dell’Amministrazione comunale e come ho già dichiarato mesi fa, a tutti loro, direttamente e personalmente coinvolti in queste vicende giudiziarie, va la nostra solidarietà e vicinanza. Chiudo, dopo queste lamentele e rimostranze, con uno sguardo propositivo. Insieme a Regione Lombardia, Comune di Milano, ANCI, e d’intesa anche con gli Ordini professionali, con Assoimmobiliare e ASPESI – e ringrazio tutti per la non scontata comunione d’intenti che siamo riusciti a costruire – abbiamo dialogato in modo serrato con il Governo, che ci ha dato massimo ascolto e massima comprensione dei problemi da risolvere, per arrivare a chiarire a livello normativo nazionale la portata delle norme in discussione, affinché si faccia chiarezza in modo definitivo sulle disposizioni che debbono presiedere allo svolgimento della nostra attività. Auspichiamo che questi interventi normativi arrivino in tempi congrui, perché, lo abbiamo sempre detto, regole certe e tempi delle procedure definiti sono la base per operare correttamente e, prima ancora, sono l’essenza di un ordinamento moderno in cui tutti noi vogliamo riconoscerci.