Indagine sui lobbisti: il 75% chiede una legge sull’attività di lobbying. Per l’84% ridurrebbe i rischi legati alla corruzione

Roma – Lo scandalo che ha visto coinvolto il presidente della Liguria Toti e imprenditori della portualità ha riportato ancora una volta sotto i riflettori l’assenza di una normativa sui rapporti tra portatori di interessi e decisori pubblici, legge che si tenta di approvare senza successo dal 1976. Oggi i lobbisti e i professionisti delle relazioni istituzionali lo considerano un provvedimento più urgente che mai, come svela una nuova indagine realizzata da The Good Lobby in collaborazione con la Queen’s University di Belfast. Il 75% del campione, infatti, si è dichiarato a favore di una legge sull’attività di lobbying, contro l’8% di contrari e il 17% di indifferenti. L’indagine, somministrata ad aziende private, a gruppi professionali e sindacali, ad associazioni di categoria, società di consulenza, think tank e organizzazioni del terzo settore, conferma che l’interazione con le istituzioni è cruciale, infatti la maggior parte dedica personale ad hoc per rappresentare i propri interessi alla politica. La maggioranza di chi ha risposto al sondaggio vorrebbe meccanismi per migliorare l’accesso alle decisioni pubbliche che, in assenza di procedure chiare e codificate, tende a penalizzare tutti quegli attori che non vantino rapporti privilegiati (talvolta anche patologici, come gli scandali di questi giorni ci insegnano) con la politica. E non va dimenticato che per l’84% del campione, una legge sul lobbying contribuirebbe a ridurre i rischi di corruzione. I lobbisti italiani hanno anche le idee molto chiare sulle misure da prendere: in primis, vorrebbero una legge che non prevedesse esclusioni, che valesse, cioè per tutti i soggetti interessati a influenzare la politica (Confindustria e sindacati compresi, per intendersi); maggiori strumenti di partecipazione; un registro della trasparenza (come già esiste in Europa); così come un periodo di almeno un anno di raffreddamento per fermare le porte girevoli tra politica e affari.“Come dimostra la nostra indagine, i primi a volere una normativa sul lobbying sono i professionisti delle relazioni istituzionali, che chiedono di avere strumenti efficaci per portare il loro punto di vista ai decisori pubblici. L’inchiesta che ha travolto la Regione Liguria dimostra che il rapporto tra politica e interessi continua a essere un nodo gravemente irrisolto. Se non sarà la politica a occuparsene subito, la magistratura continuerà a colmare evidenti buchi normativi. Per questo chiediamo alla Commissione Affari costituzionali di presentare finalmente la proposta di legge da tempo annunciata”, commenta Federico Anghelè, direttore di The Good Lobby.“ L’inchiesta evidenzia la necessità di maggiore trasparenza e chiarezza nel lobbying. I professionisti delle relazioni istituzionali sono consapevoli di ciò e richiedono giustamente una normativa che riconosca questa attività di partecipazione democratica alle decisioni pubbliche, soprattutto se condotta in maniera trasparente e responsabile. Esistono chiare best practices internazionali dalle quali l’Italia potrebbe prendere spunto per finalmente regolamentare questa attività, afferma Michele Crepaz, ricercatore della Queen’s University.