PoliMi: cambiamenti climatici e fotovoltaico

PoliMi: cambiamenti climatici e fotovoltaico

Milano – La maggior parte delle nuove dighe proposte in tutta l’Africa non andrebbe costruita, secondo uno studio pubblicato su Science firmato dai ricercatori del Politecnico di Milano con i colleghi dell’Institute for Applied Systems Analysis (IIASA) in Austria, della Vrije Universiteit Brussel (VUB) e del World Resources Institute di Addis Abeba (Etiopia). Secondo l’analisi, fino al 67% dei possibili impianti idroelettrici futuri in Africa non varrebbe l’investimento, principalmente per il fatto che presto l’energia idroelettrica non sarà più economicamente competitiva rispetto all’energia solare né (pur in misura minore) a quella eolica, i cui costi negli ultimi dieci anni sono calati a un ritmo senza precedenti. La ricerca ha utilizzato un modello energetico dettagliato per individuare la combinazione di fonti energetiche più conveniente con cui i Paesi africani potrebbero soddisfare la crescente domanda di elettricità fino al 2050. L’energia idroelettrica è stata esaminata insieme alle altre fonti (solare, eolico, carbone, gas naturale, nucleare, ecc.) per valutare quando e dove risulta economicamente conveniente. “La particolarità del nostro studio è che abbiamo modellato ogni singola centrale idroelettrica in Africa, sia esistente sia futura con un livello di dettaglio inedito con dimensioni di stoccaggio, profilo dei flussi fluviali e interazione con altre dighe idroelettriche “, spiega il dottor Angelo Carlino, autore principale dello studio, precedentemente dottorando del Politecnico di Milano e adesso postdoc presso la Carnegie Institution for Science a Stanford, USA. “In questo modo il nostro modello può individuare quali impianti potrebbero essere un investimento intelligente e quali invece non andrebbero costruiti”. “Il nostro modello mostra quali siano gli specifici impianti idroelettrici che rimarrebbero convenienti sul breve periodo”, commenta il professor Andrea Castelletti, docente di Gestione delle risorse naturali al Politecnico di Milano e autore corrispondente dello studio. “Soprattutto nei bacini del Congo, del Niger e del Nilo, ci sono progetti che varrebbe la pena realizzare, a patto che siano ben pianificati e che se ne riducano al minimo gli effetti ambientali dannosi”. Inoltre, serviranno ulteriori investimenti per mitigare gli effetti sull’energia idroelettrica delle siccità prolungate, effetti probabilmente destinati ad aggravarsi a causa del cambiamento climatico. “Questo è un altro motivo per cui l’energia solare emergerà come la tecnologia più attraente a lungo termine”, afferma il dottor Matthias Wildemeersch, ricercatore presso l’Institute for Applied Systems Analysis (IIASA) in Austria e co-autore dello studio. L’energia idroelettrica però non è al capolinea: a breve termine, alcune nuove centrali idroelettriche potrebbero ancora fornire energia a basso costo ai paesi che ne necessitano, e potrebbero anche essere utilizzate in modo flessibile per favorire l’integrazione dell’energia solare ed eolica, la cui produzione è sempre fluttuante. A lungo termine, l’energia solare emergerebbe tuttavia come la prima tecnologia da privilegiare nella maggior parte dei paesi africani, confermando quanto dichiarato nel 2020 dall’International Energy Agency, “L’era dell’energia idroelettrica in Africa come investimento fattibile si sta chiudendo molto rapidamente- aggiunge il professor Sebastian Sterl, docente di meteorologia energetica presso la Vrije Universiteit Brussel (VUB, Belgio), e scienziato senior presso il World Resources Institute di Addis Abeba (Etiopia) -Oltre al rapporto costo-efficacia, questa è in generale una buona notizia per l’ambiente: significa che si costruiranno meno dighe e quindi molti fiumi potranno mantenere il loro corso naturale”.