Confimi Industria: l’economia rallenta, politica miope della Bce
Roma – “Gli industriali non hanno dubbi, i tassi d’interesse della BCE non sono la giusta contromisura per combattere l’ondata inflattiva, piuttosto porteranno a un rallentamento dell’economia”. Così Paolo Agnelli industriale e presidente di Confimi Industria commentando l’indagine congiunturale condotta dal Centro Studi della Confederazione che ha intervistato gli associati sul consuntivo del primo semestre del 2023 e chiedendo loro una previsione dell’andamento fino alla fine dell’anno. “L’inflazione è la causa di una difficoltà, le azioni miopi della Bce la acuiscono e non portano di certo a una soluzione” avverte Agnelli che spiega “siamo in un circolo vizioso che non permette alle aziende di calare i listini: i costi energetici sono tre volti superiori rispetto al 2019, la meccanica ha adeguato gli stipendi all’indice europeo apportando +1500 euro lordi a ciascun dipendente e il costo del denaro è quadruplicato in meno di un anno”. “Il conto economico è quindi allo stremo e se la BCE insiste con queste misure, le previsioni e le performance del sistema produttivo continueranno a essere negative” chiude Agnelli. Il costo del denaro infatti non è passato inosservato tanto più che il 51% delle imprese ha fruito delle misure previste a sostegno della liquidità delle imprese e in particolare modo per effettuare investimenti (23%), per disporre di liquidità e finanziamento circolante (14%), per moratoria mutui (11%) per Rifinanziamento/ristrutturazione del debito (3%). Il 33% chiude il primo semestre dell’anno con un aumento del fatturato di oltre il 10%. Stabile il mercato dei servizi. Si spacca invece a metà la meccanica: il 50% delle imprese del settore per la prima volta dal 2018 dichiara una contrazione del fatturato superiore al 10%. Segno meno anche per gli investimenti per poco più di 1 impresa su 5. Nessun grande scostamento lato occupazione che rimane stabile nel 72% delle imprese. A registrare una leggera riduzione del personale sono state le imprese del settore edile e della plastica. A creare nuovi posti di lavoro invece il settore digitale e dei servizi. La produzione torna a valori positivi: se il 45% del campione dichiara stabilità rispetto al 2022, il 28% delle imprese manifatturiere ha riscontrato aumenti o forti aumenti. Ordinativi rilevanti (+30% sul 2022) per il settore dell’impiantistica e il comparto alimentare. Stabile il resto della manifattura. Non performano neppure gli ordinativi dall’estero che risultano in contrazione per il 34% delle aziende esportatrici. Previsioni a segno positivo per i settori di edilizia e impiantistica mentre crescono le preoccupazioni per il calo da parte di plastica e gomma. Stabili gli altri settori manifatturieri. Si mantengono stabili anche gli investimenti per quasi 7 aziende su 10. Spaccate a metà le previsioni sulla produzione: se un’impresa su due non prevede grosse variazioni, c’è poi un 25% che prevede forti aumenti e il restante 25% che invece teme una notevole contrazione. Nessuna buona nuova dalle previsioni ordini che si attesta a segno negativo per oltre il 30% del campione. Neppure il mercato estero regala soddisfazioni: solo il 17% prevede una moderata crescita. A tal proposito, gli USA e il Canada conquistano il terzo posto come mercato di riferimento per le imprese manifatturiere scavalcando il Far East. Nonostante il 54% delle imprese abbia in programma nuove assunzioni e si occuperà della formazione del personale (anche di quella non obbligatoria), quasi 9 aziende su 10, l’87%, dichiara difficoltà nel reperire il personale. Le figure maggiormente richieste sono il personale di produzione specializzato e no, progettisti, personale per le aree di R&S, qualità e controller. Solo l’8% delle imprese intervistate immagina di dover ridurre il personale nei prossimi mesi. Relativamente agli ammortizzatori sociali, il 91% degli intervistati non li ha utilizzati e non ha intenzione di utilizzarli. Quel 9% di imprese che faranno ricorso all’ammortizzatore dichiarano che sia dovuto a una forte riduzione degli ordinativi. Capitolo smart working: lo strumento viene utilizzato – e in maniera stabile – dal 15% del campione da aziende che afferiscono ai settori dei servizi e del digitale. Le imprese manifatturiere tengono ai propri dipendenti e tutte hanno incrementato azioni a loro supporto: sistemi premiali, strumenti di welfare aggiuntivi rispetto a quelli contrattuali, maggiori flessibilità oraria (part-time, smart working, giorni rosa). Ecco, qui di seguito le proposte di Connfimi. Con il rallentamento del mercato bisogna lavorare sulle leve di competitività e per il 61% degli industriali la prima criticità è legata alla ricerca del personale specializzato, seguono il costo del lavoro e il carico burocratico-amministrativo. Secondo l’analisi del Centro Studi, inoltre, per migliorare la competitività delle imprese, gli industriali auspicano un impegno concreto delle Istituzioni alla lotta all’illegalità e alla contraffazione. Il campione è rappresentato da 500 aziende, 25% guidate da donne, 15% da under 40. I principali settori rilevati sono metalmeccanica (46%), servizi alle imprese (14%), plastica e gomma (8%), edilizia (8%), alimentare (5%) seguono legno, digitale, tessile. Crescono all’interno del sistema Confimi le aziende con fatturato fino a 50 mln e arrivano ad essere il 23%. Ancora poca attenzione all’export che sembra non riguardare il 30% del campione. Mentre 1 impresa su 5 fattura all’estero oltre il 50% del proprio lavoro.