Lavoro: tre proposte Assosomm basate sui dati Censis
Roma – “Noi tutte Agenzie per il Lavoro facciamo nostro l’appello odierno della Ministra del Lavoro Calderone (“…guardo con grande interesse a una stagione di protagonismo dei corpi intermedi nello Stato. Credo che si debba tornare a un forte protagonismo delle associazioni datoriali e delle associazioni sindacali”, lo ha affermato la Ministra del Lavoro, Marina Elvira Calderone, al Forum Confcommercio attualmente in corso a Roma) e mettiamo immediatamente a disposizione del Paese la nostra esperienza sul campo, per formare rapidamente e trovare un’occupazione alle tante persone che sono fuori dal circuito lavorativo e quindi dall’impegno attivo nel mondo del lavoro, così da cominciare a coprire il grande gap (1 milione di lavoratori che non si trovano) tra domanda ed offerta di Lavoro.” – lo ha dichiarato Rosario Rasizza (Presidente Assosomm Associazione Italiana delle Agenzie per il Lavoro) a margine del Forum Confcommercio attualmente in corso a Roma. È ormai largamente condivisa l’idea che il Reddito di Cittadinanza vada profondamente ripensato, principalmente per renderlo più equo e orientato al lavoro. Anche il Governo, con la proposta di istituire la Garanzia per l’inclusione, GIL, (che sarà attiva dal 1 gennaio 2024, e che prenderà di fatto il posto del RdC), va proprio in questa direzione. Partendo da alcuni dati di analisi, la nuova ricerca Censis per Assosomm (l’Associazione Italiana delle Agenzie per il Lavoro) ha messo in luce due aspetti critici del RdC su cui sembra essenziale intervenire: 1 – Il Reddito di Cittadinanza ha favorito soprattutto le famiglie monocomponenti non anziane (quindi, di fatto, gli occupabili): per questo, secondo Assosomm, la GIL dovrà necessariamente favorire i non occupabili. 2 – Il Reddito di Cittadinanza non ha previsto formazione professionale. Secondo Assosomm, le Agenzie per il Lavoro dovranno essere coinvolte nel procedimento di formazione e selezione dei lavoratori; ma non solo sul territorio nazionale, bensì, con riferimento al Decreto Flussi, anche all’estero, facilitando pertanto un inserimento in Italia di cittadini extracomunitari formati; proprio per questo, il Presidente di Assosomm, Rosario Rasizza, ha recentemente proposto pubblicamente di formulare un “Decreto Flussi – ApL”, specifico per la valorizzazione delle potenzialità delle Agenzie per il Lavoro. 3 – In attesa dell’arrivo della GIL, Assosomm è pronta a formare eventuali persone già presenti in Italia e in attesa di regolarizzazione. Con queste premesse, l’Associazione è pronta anche ad assumere circa 80.000 migranti in 3 anni, pari cioè alle esigenze dei propri clienti. Dall’analisi del Censis, emerge che, a fine 2022, i percettori di Reddito o di Pensione di cittadinanza (che è poi lo stesso strumento, ma applicato a persone di età diverse), erano così composti: al 9% anziani soli; al 22% persone con familiari a carico; al 31% genitori con figli minori; e ben al 37% persone sole in età lavorativa (con meno di 67 anni). Questo significa che la categoria più sostenuta dal RdC era formata da persone potenzialmente produttive (occupabili) e senza figli. Anche per quanto riguarda gli importi del RdC, lo sbilanciamento sembra evidente. Mediamente una persona in età lavorativa senza familiari a carico percepiva come RdC 453 euro al mese; mentre chi aveva figli minori a carico percepiva mediamente 683 euro (€594 per chi aveva solo un figlio e €743 per chi aveva 5 figli o più). Tutto ciò ha generato, specie nelle giovani generazioni, dei fenomeni di “passività psicologica” che tutti conosciamo. Il Reddito di Cittadinanza non ha previsto formazione professionale, alla base, invece, delle Politiche Attive del lavoro. La GIL, per funzionare, dovrà viceversa partire proprio dalla formazione professionalizzante, proprio come quella proposta in modo sostenuto dalle Agenzie per il Lavoro. Eppure, la formazione è uno dei cardini delle Politiche Attive del lavoro: oggi circa il 70% delle imprese italiane (con almeno 10 dipendenti), prevede attività di formazione professionale, con un incremento dell’8% rispetto a 5 anni fa, segno che investire in formazione è una strategia in cui si crede sempre più; annualmente vengono spesi 6,2 miliardi di euro per la formazione in azienda e si tratta per la maggior parte di risorse private. Altro dato significativo è che i corsi “in aula” diminuiscono, mentre la formazione sul lavoro (la cosiddetta formazione on the job) è aumentata del 10% nell’ultimo anno. Per quanto riguarda invece, più specificamente, il mondo delle Agenzie per il Lavoro, nel solo 2022, sono state erogate oltre 2 milioni e mezzo di ore formazione completamente gratuite per gli allievi. Questo significa che, tramite un’Agenzia per il Lavoro, più di 355mila persone hanno potuto accedere gratuitamente a uno dei quasi 60mila percorsi professionalizzanti strutturati e proposti. “La formazione professionale (e sempre più quella sul posto di lavoro) ha anche un valore psicologico – commenta a caldo Giulio De Rita (ricercatore Censis) – è in grado, cioè, di rimettere in gioco il lavoratore che altrimenti si sente ai margini del mondo del lavoro. Lo si capisce osservando il dato di placement di medio periodo: mediamente, infatti, dopo 1 anno circa il 25% di coloro che hanno fatto il corso di formazione si trova ancora presso la stessa azienda; percentuale che sale al 35% per coloro che sono passati per un’Agenzia per il Lavoro. Ma la cosa curiosa – chiosa De Rita – è che più della metà del totale se ne sono andati spontaneamente perché, probabilmente, hanno fatto fruttare subito questa formazione on-the-job re-inserendosi nel mondo del lavoro, ma in un’altra azienda. Questo dato prova due cose: la prima è che la formazione on the job è essenziale per entrare o rientrare nel mondo del lavoro. La seconda è che quel tipo di formazione non vincola necessariamente a lavorare nell’azienda che ha formato, ma permette di accedere con più fiducia al mercato del lavoro, scatenando nuove energie nelle persone”. Le aziende che stanno facendo uno sforzo maggiore in formazione sono, dopo quelle finanziarie, le aziende fornitrici di servizi luce, telefonia e gas, ma anche il settore delle costruzioni (grazie al 110%): più dell’80% di queste ultime ha infatti investito in formazione. Sotto la media, invece, il tessile e la ristorazione.