Milano – Nella legge di bilancio presentata dalla Giunta regionale della Lombardia, le risorse stanziate per le borse di studio universitarie scendono dai 20,5 milioni del 2022 ai 13,9 milioni del 2023. Di conseguenza, senza un ripensamento o un intervento straordinario degli atenei, oltre 5mila studenti potrebbero ritrovarsi privati della borsa di studio. La notizia ha provocato le proteste delle organizzazioni sindacali degli studenti e dei lavoratori. Secondo l’Unione degli Universitari, in Lombardia le risorse mancanti per garantire tutte le borse di studio potrebbero superare addirittura i 20 milioni di euro. “Negli scorsi mesi” affermano dall’UDU “la Regione Lombardia aveva deciso di incrementare le risorse destinate alle borse di studio. Da anni denunciavamo infatti un sottofinanziamento cronico. Ci aspettavamo che la Regione avesse intenzione di stabilizzare l’incremento, come fatto ad esempio dalla vicina Emilia-Romagna. Invece, nel documento presentato dalla Giunta si torna indietro all’anno precedente e si sacrificano gli universitari e il loro Diritto allo Studio. È una scelta inconcepibile, dal momento che le borse di studio devono essere finanziate per un intero ciclo di studio e non soltanto un anno, abbandonando gli studenti a loro stessi dopo solo un anno”. Le borse di studio sono un contributo economico che viene riconosciuto agli studenti universitari che rispettano una serie di criteri di merito e di reddito. L’importo della borsa oscilla tra i 2mila euro e i 6mila euro, in base al proprio ISEE e al luogo di residenza dello studente. Gli importi e i criteri economici sono stati recentemente rivisti dal Ministero, nell’ambito degli investimenti del PNRR. Ciò ha determinato un aumento del fabbisogno che lo Stato e le Regioni non sono stati finora in grado di coprire. L’eventualità sulla quale si sta discutendo è che ci possa essere un intervento straordinario dagli atenei lombardi per garantire la copertura economica delle borse di studio. Si tratterebbe di un impegno eccezionale, che potrebbe comportare un esborso tra i 19 e i 28 milioni per il solo anno accademico 2022/2023. A chiedere una modifica al bilancio regionale sono anche i sindacati dei lavoratori. Massimo Balzarini della segreteria della CGIL Lombardia spiega: “La Lombardia è la Regione che impone i criteri di merito più elevati d’Italia per accedere alle borse di studio. Per questo motivo, ci aspetteremmo che le borse di studio venissero coperte dalle risorse regionali. Purtroppo, non è così: la Regione investe troppo poco e viene penalizzata nel riparto nazionale. A rimetterci sono gli studenti che rischiano di non vedersi erogata la borsa di studio. E anche se dovessero intervenire le università, sembra probabile che queste debbano fare tagli e rimodulare le proprie spese per coprire il buco”. È proprio notizia di questi giorni di come l’Università Bicocca stia ipotizzando di eliminare le borse di studio di ateneo, uno strumento aggiuntivi rispetto alle borse regionali. “Serve un intervento del Consiglio Regionale” ribadisce Tobia Sertori, Segretario generale della FLC CGIL Lombardia “tramite un emendamento al bilancio, così da tornare agli stanziamenti del 2022. Non si può giocare sulla pelle degli studenti: a rischio non sono soltanto migliaia di universitari, ma anche il raggiungimento degli obiettivi annuali previsti dal PNRR. Serve anche un intervento dello Stato, per incrementare il Fondo Integrativo Statale e garantire la copertura delle borse di studio. Ma la Regione Lombardia non può fare finta di nulla: la Campania, il Lazio e l’Emilia-Romagna investono molto di più della nostra regione sul capitolo del Diritto allo Studio Universitario. In questa difficile situazione economica, ci manca soltanto che l’Italia sia costretta a restituire i finanziamenti delle borse di studio perché non siamo stati in grado di trovare le risorse necessarie a coprire tutte le borse. È in gioco il diritto allo studio delle ragazze e dei ragazzi dove la condizione economica delle famiglie determina la possibilità della prosecuzione degli studi. E’ dovere della Regione e dello Stato agire rispettando quanto la stessa Costituzione afferma all’art. 3: “È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese”.