Confindustria: economia italiana in affanno

Confindustria: economia italiana in affanno

Roma – Una maggior crescita annua del Pil dello 0,1% nel 2022 e dell’1,4% nel 2023 (+1,6% cumulato nel biennio) e delle unita di lavoro dello 0,1% nel 2022 e dell’1,2% nel 2023 (+1,3% cumulato) con 308mila occupati in piu’ nel biennio. E’ l’effetto favorevole per l’economia italiana stimato dal Centro Studi Confindustria nel caso in cui venisse introdotto nel mese di ottobre un price cap sul gas a un livello medio per tutti gli operatori sul mercato di 100 euro per megawattora, fino a dicembre 2023. “L’aumento dei tassi si è associato a un aumento dello spread tra i titoli di Stato italiani e il Bund tedesco, che per il momento appare muoversi entro margini ragionevoli (+235 punti base a settembre). Ma sarà cruciale mantenerlo intorno a questi valori e ciò imporrà al prossimo Governo una politica di bilancio prudente”, insieme e un’implementazione efficiente del Pnrr. E’ l’avvertimento che il Centro studi di Confindustria, presentando il rapporto sullo stato di salute dell’economia italiana, rivolge al futuro esecutivo, sottolineando che la recente crisi del Regno Unito, innescata da impegni eccessivi di spesa pubblica, “è un caso di scuola esemplare”. In caso contrario, l’Italia “non potrebbe beneficiare dello scudo predisposto dalla Bce che limiterebbe la risalita dei tassi sui Btp e rischierebbe di veder salire enormemente la spesa per interessi sul debito (già aumentata) e i tassi sul credito (che ridurrebbero ulteriormente la competitività del nostro sistema Paese)”, afferma il Csc.   Costruzioni. Gli investimenti delle imprese sono destinati a perdere slancio, dopo che nella prima meta’ dell’anno sono stati ancora in espansione, a un ritmo decrescente ma ampiamente sopra il livello pre-Covid. E a frenare e’ soprattutto il settore delle costruzioni che ha trainato la crescita economica del 2021. Le stime Csc prospettano una crescita del 10,2% degli investimenti fissi lordi nel 2022 (poco sopra il +9% acquisito annuo al secondo trimestre), dopo un aumento del 16,5% nel 2021. Il ritmo di espansione e’ atteso in forte rallentamento nel 2023, con un +2,4% in media d’anno. Secondo il Csc, “gli investimenti, il cui livello si attesta gia’ ora su valori ampiamente al di sopra del pre-Covid (+17,5% nel 2 trimestre), forniranno cosi’ un contributo significativo alla crescita del PIL nel 2022, per poi ridursi nel 2023. Nonostante l’incremento dei costi energetici (che comprimono i margini e quindi le risorse per investimenti) e le persistenti diffi colta’ nell’approvvigionamento di input intermedi, i tassi di crescita registrati per il primo e secondo trimestre dell’anno in corso segnalano investimenti ancora in espansione sebbene a un ritmo decrescente, rispettivamente di +3,9% e +1,1%”. A fornire il contributo piu’ significativo a inizio anno, spiegano gli esperti di Confindustria, “sono state le costruzioni (+4,6% nel primo trimestre), che hanno poi rallentato (+0,7% nel secondo). Seguite dal comparto di impianti-macchinari, in cui gli investimenti sono cresciuti di +4,4% nel primo trimestre e +1,6% nel secondo, e dai mezzi di trasporto che, dopo il forte rimbalzo nei primi tre mesi (+6,4%), sono rimasti stagnanti (+0,5% nel secondo). Questi ultimi rimangono ancora ben distanti dai livelli pre-Covid”. Nella prima metà del 2022 l’occupazione in termini di unità equivalenti di lavoro a tempo pieno è cresciuta a un ritmo superiore al Pil, spinta da una risalita sia delle ore per occupato, sia del numero di occupati e chiuderà l’anno con 4,3%. Ma la dinamica dell’input di lavoro è attesa, però, diventare negativa tra l’autunno e l’inverno, sulla scia del Pil, “anche se meno intensamente e con un po’ di ritardo”: nella media 2023, quindi, le Ula registreranno un -0,1%. Un dato, quello del 2023 che comunque assorbe nella seconda parte del 2023, “una ripresa nel mercato del lavoro, scontando la lenta risalita dell’economia”. L’occupazione infatti segue l’andamento del Pil. Nel mercato del lavoro italiano, si legge nella Relazione, con la progressiva risalita dell’attività economica, nel corso del 2021 si era totalmente riassorbito il vuoto occupazionale apertosi con l’emergenza sanitaria. Nella prima metà del 2022 l’occupazione (in termini di Ula) è addirittura cresciuta a un ritmo superiore al PilL, spinta da una risalita sia sul ”margine intensivo” (ore per occupato) sia su quello ”estensivo” (numero di occupati). Si prevede ora che la dinamica dell’input di lavoro, dopo una battuta d’arresto in estate, diventerà negativa tra l’autunno e l’inverno 2022, anche se meno intensamente e con un po’ di ritardo rispetto al Pil. “Per l’anno prossimo è attesa una ripresa nel mercato del lavoro, sempre sulla scia della risalita dell’attività economica, con l’input di lavoro che tornerà a crescere solo nella seconda parte del 2023”, spiegano gli economisti di Viale dell’Astronomia. Nell’industria in senso stretto, grazie al ricorso a riduzioni temporanee degli orari di lavoro, anche tramite la Cig l’occupazione amplierà la flessione in autunno, in linea con l’andamento previsto per il valore aggiunto. Nell’industria, d’altronde, si legge ancora nel Rapporto, “hanno inciso più largamente, fin da subito, i rincari energetici: già nell’ultimo quarto del 2021 si era registrato un indebolimento nella dinamica dei livelli di attività, a cui è seguita con un po’ di ritardo la battuta di arresto dell’input di lavoro”. Nelle costruzioni, invece, i rialzi di valore aggiunto sono proseguiti con slancio fino al 1° trimestre 2022, mentre nel 2° si è registrata una frenata, che il Csc prevede protrarsi nel 3° trimestre dell’anno. L’occupazione in questo settore è prevista continuare a espandersi anche nella seconda parte dell’anno.