Il consiglio sindacale interregionale Ticino Lombardia Piemonte a fianco delle donne svizzere
Milano – Domenica prossima in Svizzera la popolazione sarà chiamato a votare sulla riforma “AVS 21” che propone l’innalzamento dell’età pensionistica per le donne a 65 anni ed un aumento dell’IVA per un ulteriore finanziamento delle rendite. Il CSIR Ticino-Lombardia-Piemonte, che riunisce i sindacati svizzeri UNIA e OCST e i sindacati confederali CGIL, CISL e UIL, ribadisce l’appello ad opporsi alla riforma votando un doppio “no”. La riforma vorrebbe infatti scaricare sulle spalle delle donne tutto il peso della tenuta del sistema pensionistico, un fatto inaccettabile se si pensa che ancora oggi in Svizzera vi è in atto una disparità salariale di genere di circa il 20%. Inoltre la maggior parte del lavoro domestico, educativo e di cura viene svolto gratuitamente dalle donne, che per questo hanno un grado d’occupazione mediamente più basso degli uomini. Queste disuguaglianze hanno poi un impatto diretto sulle pensioni delle donne, che sono in media del 37% inferiori a quelle degli uomini. Prima dunque di poter parlare di parità di oneri tra uomini e donne è per noi necessario raggiungere una reale parità di diritti e di condizioni economiche. Va poi rimarcato che, nonostante l’oggettivo invecchiamento della popolazione, l’ente AVS ha registrato a livello federale un risultato positivo di 2,58 miliardi di franchi nel 2021, segno di come il sistema previdenziale abbia ancora una tenuta solida. Vi sarà quindi il tempo per ragionare su riforme più sociali e sostenibili di questa, senza appunto far sì che a pagare il prezzo più alto siano ancora una volta le donne. Per quanto concerne la seconda proposta, rimarchiamo come l’aumento dell’IVA peserebbe a livello proporzionale in modo nettamente maggiore sui redditi bassi rispetto ai redditi alti. L’IVA è quindi un’imposta altamente anti-sociale che andrebbe a ridurre ulteriormente il potere d’acquisto dei cittadini in un contesto caratterizzato dal rincaro su tutti i principali beni di consumo e (in modo ancora più marcato) sui premi di cassa malati