Il distretto biomedicale di Mirandola

Ospedale Fiera Milano
Ospedale Fiera Milano

Roma – Il distretto biomedicale di Mirandola produce dispositivi monouso che costituiscono il 90% degli strumenti che troviamo nelle terapie intensive e nelle sale operatorie. Un settore che guarda al futuro grazie a nuovi investimenti pubblici, formazione e ricerca, e che fornisce spunti interessanti al dibattito sull’uso dei polimeri. Lo scrive il quotidiano online della Cgil “Collettiva”. Sulla statale 12 dell’Abetone e del Brennero che taglia in due Mirandola, le luci e i rombi dei Tir non si fermano nemmeno di notte. Un’alternanza di luci bianche e rosse che stordisce ma rende l’idea di quanto operosa sia questa parte della Bassa, divenuta famosa nel mondo per la produzione di dispositivi biomedicali monouso. La pandemia ha esaltato il ruolo fondamentale dei polimeri nella sanità, a partire dai dispositivi di protezione. Da decenni, la stragrande maggioranza dei dispositivi presenti negli ospedali – dalle terapie intensive alle sale operatorie, dai pronto soccorso alle corsie – sono di plastica. Il distretto nasce dall’intuizione di Mario Veronesi, farmacista che alla fine degli anni sessanta crede nella possibilità di sostituire con dispositivi monouso strumenti clinici che fin lì necessitavano di continue sterilizzazioni. Nel giro di pochi decenni, l’avventura iniziata nel garage di casa ha consentito a imprese di piccole e medie dimensioni di attirare capitali stranieri e di competere sui mercati internazionali. Oggi, a Mirandola, il biomedicale occupa circa 5 mila addetti diretti. Le imprese del territorio si sono specializzate nella produzione di materiale monouso per scopi medici, apparecchiature per dialisi, ventilazione, cardiochirurgia e trasfusione. E naturalmente parte degli strumenti di protezione necessari per affrontare la crisi sanitaria dovuta al Covid-19. Il volume d’affari supera ogni anno il miliardo di euro, con una naturale propensione all’export. (…)