Milano – Rivolta dei ristoratori (e dei bar) milanesi contro il caro-ticket. Lo scrive il Corriere Della Sera. La storia insegna che il mercato dei buoni pasto ha creato una concorrenza in entrata che porta le società a offrire sconti alle aziende in cambio di trattenute sempre più importanti all’esercente che accetta il pagamento con il ticket. “Così si perde il valore d’acquisto che finisce per danneggiare più di tutti il consumatore — spiega Carlo Squeri, direttore di Epam Milano —. Fino a una decina di anni fa lo sconto alle aziende non era esagerato ora si aggira tra il 10 e il 20 per cento. Davanti a questo storni il ristoratore o il barista è come avessero un socio occulto che gli mangia fino a un quinto del potenziale incasso. E ha solo due alternative. O alza il prezzo o abbassa il livello. Un danno economico per il ristoratore e uno di qualità per il cliente. Una sconfitta per tutti”. Numeri alla mano, pochi, visti i tempi di crisi, possono permettersi di non accettare i buoni pasto, che in alcune zone della città trainano il fatturato di circa il 70 per cento. Per certi versi, il tema è antico, ma come successo su altri fronti, è stato dimenticato negli ultimi due anni perché c’era altro di cui parlare. E le ferite aperte erano altrove. Sulla «perdita» dell’esercente non c’è solo la percentuale trattenuta sul buono: c’è un canone per il pos e un costo per ogni singola transazione. E a meno di sacrificare un’altra dose di percentuali, anche gli incassi sono ritardati, dai 30 giorni in su, che in questo momento in cui molti locali hanno i bilanci in passivo, non aiuta. Con le marginalità ridotte da costi dell’energia e in generale delle materie prime. (…)