Landini a Bonomi: lotta alla precarietà piuttosto che riformismo competitivo
Rimini – Il segretario generale della Cgil Maurizio Landini ha concluso il dibattito dell’Assemblea organizzativa a Rimini. Landini ha ricordato che il percorso dell’Assemblea organizzativa è stato “fondato sull’ascolto”, ma ora “ci dobbiamo anche dare un metodo, assumere una responsabilità che deve valere a livello nazionale, ma come regola in qualsiasi luogo”, ossia che dopo “l’ascolto, la riflessione e la discussione”, si prendono le decisioni e le si verificano, senza mai dimenticare, in ciascuna struttura della Cgil, il valore del “lavorare assieme”. “Siamo un’organizzazione che non ha paura delle differenze”, spiega Landini, e le differenze possono essere una “forza” in “un’organizzazione che vuole essere innovativa e all’avanguardia, dandosi il coraggio di sperimentare, e sapendo che quando sperimenti puoi anche correre il rischio di sbagliare, ma devi avere l’umiltà di saper ascoltare, di poter capire e al limite anche di cambiare idea”. Ragionando sul rapporto tra il sindacato e la politica, e richiamando esperienze storiche per l’Italia e la Cgil, come l’approvazione dello Statuto dei lavoratori o l’abolizione delle componenti nella Cgil di Bruno Trentin, Landini ha rivendicato l’attualità della “soggettività politica” della Cgil, una soggettività “fondata sulle basi programmatiche della nostra organizzazione, un soggetto che non è distaccato o indifferente” alla politica generale, ma che “vuole al contrario dialogare, rapportarsi alla pari con le forze politiche”. Ma la Cgil – scandisce Landini – “non vuole prendere a prestito il proprio programma e la propria azione. Perché il nostro programma, la nostra identità noi li vogliamo costruire assieme alle persone, lavoratrici e lavoratori, pensionati, giovani, disoccupati in carne e ossa che rappresentiamo”. L’allargamento della rappresentanza è, però, in questi anni, “un elemento fondamentale per il rilancio dell’organizzazione sindacale”. Landini cita, come altre volte in passato, l’esperienza cruciale dei Consigli di fabbrica degli anni ‘70, che consentirono alla Cgil di Luciano Lama di rinnovare e allargare la platea degli iscritti e dei delegati, in sostanza di rinnovare profondamente la composizione del sindacato. Un’esperienza che è un modello di ispirazione ma che, lo sa bene e lo ammette, il segretario, è difficilmente ripetibile nei nostri anni. Landini rammenta le attuali “difficoltà, i processi, il livello di esternalizzazione, di frantumazione, di appalto e di subappalto” del mondo del lavoro. Insomma una “situazione molto più difficile da affrontare” rispetto a qualche decennio fa. “Oggi avere una legge sulla rappresentanza, che sostiene e rafforza il diritto alla contrattazione collettiva e il diritto di poter votare, è un elemento decisivo”, puntualizza Landini, e “dobbiamo batterci affinché quel diritto valga in qualsiasi luogo di lavoro, che quel diritto diventi un diritto di tutti i lavoratori italiani”. Quanto a conflitto e relazioni con le imprese, il clima con Confindustria non sembra positivo. Landini, parlando alla platea, accenna a un’intervista rilasciata al Corriere della Sera dal presidente di Confindustria Carlo Bonomi, dove “parla di riformismo competitivo. Mi sono chiesto se stanno assieme le parole ‘riformismo’ e ‘competitivo’, perché per me le riforme non devono essere competitive, devono essere giuste, redistributive. Competitivo per chi? – si chiede Landini -. Oggi il problema non è che manca la competitività, oggi nel mondo del lavoro c’è troppa competitività”. E prosegue: “Giuseppe Di Vittorio ci ha insegnato che compito fondamentale del sindacato è impedire che le persone che per vivere hanno bisogno di lavorare debbano competere tra di loro, perché quando avviene questo siamo di fronte a una guerra tra poveri e a una riduzione dei diritti”. Ma la Confindustria è bocciata anche su altri temi. “Di fronte al problema dei contratti nazionali e della crescita del salario e dell’inflazione, Bonomi risponde dicendo no, non va cambiato nulla, perché l’unico luogo in cui devono crescere i salari con la produttività è laddove si fa la contrattazione aziendale, questa è una cosa non accettabile”, scandisce il segretario generale della Cgil. “Non perché siamo contro la contrattazione aziendale – aggiunge -, ma sappiamo che in un Paese con tante piccole e medie imprese, dove la maggioranza dei lavoratori non ha contrattazione aziendale, se non sono i contratti nazionali che tornano ad avere un’autorità salariale e a porsi il problema di aumentare il valore reale dei salari, questo vuol dire accettare la programmazione e la riduzione dei salari”. Altro che “riformismo competitivo”. “Anzi – prosegue Landini – proprio per questa ragione, penso che uno dei temi di fondo sia proprio rimettere al centro la lotta alla precarietà”. “Ma è evidente, allora, che qui ci deve essere una conseguenza nel rapporto con il governo, perché oggi questo elemento apre una discussione e un potenziale conflitto con tutte le forze politiche che compongono quel governo”. Landini invita quindi la Cgil ad aprire “vertenze in tutti i luoghi di lavoro, pubblici e privati, dove il problema è quello della trasformazione di chi è precario a tempo indeterminato, e la lotta perché questo avvenga deve diventare un elemento che facciamo vivere attraverso piattaforme, attraverso mobilitazioni”. E lancia la proposta “di lavorare nei prossimi mesi a una iniziativa, di organizzare una grande assemblea intercategoriale dei delegati e delegate in cui l’oggetto della discussione siano proprio le politiche contrattuali, a partire dai problemi della precarietà”.