Rapporto tematico di genere: laureate più motivate, laureati meglio pagati

Rapporto tematico di genere: laureate più motivate, laureati meglio pagati

Bologna – “Laureate e laureati: scelte, esperienze e realizzazioni professionali” è il titolo del primo Rapporto tematico di genere realizzato dal Consorzio Interuniversitario AlmaLaurea, presentato, venerdì 28 gennaio 2022 alle ore 11.00 nella Sala dell’VIII Centenario Università di Bologna, dal Direttore di AlmaLaurea Marina Timoteo alla presenza del Ministro dell’Università e della Ricerca, Maria Cristina Messa. Hanno aperto i lavori del ricco panel di interventi Giovanni Molari, Rettore dell’Università di Bologna e Ivano Dionigi, Presidente di AlmaLaurea. La presentazione del Rapporto è stata moderata da Cristina Demaria, Delegata all’Equità, Inclusione e Diversità, Università di Bologna, e condotta da Marina Timoteo, Università di Bologna, Direttore di AlmaLaurea, insieme con Aurelia Sole, Prorettrice alle Pari Opportunità e alle Tematiche di Genere, Università degli Studi della Basilicata, e Marcella Gargano, Direttrice generale delle istituzioni della formazione superiore, Ministero dell’Università e della Ricerca. Sono state affidate al Ministro Maria Cristina Messa le conclusioni alla presentazione del Rapporto, volto a mappare, riorganizzare, esplorare e approfondire il complesso e articolato insieme di informazioni statistiche, su scelte formative ed esiti occupazionali, per rappresentare e comprendere le differenze tra laureate e laureati, sotto molteplici punti di vista. Al centro del Rapporto tematico di genere vi sono il contesto familiare di provenienza e il percorso di studio pre-universitario, fattori che influenzano le scelte formative. Nel Rapporto si evidenziano le performance delle laureate e dei laureati misurate al termine del percorso di studio e analizzate con riferimento sia alla rapidità nel conseguire il titolo sia alla votazione ottenuta; e ancora, il Rapporto esprime in termini statistici gli esiti occupazionali di laureate e di laureati anche alla luce dell’impatto pandemico sull’occupazione. In primo piano le loro aspirazioni lavorative e come tali ambizioni si associano alla successiva realizzazione professionale. Si sottolinea, inoltre, il complesso tema della mobilità territoriale per motivi di studio e di lavoro. Un primo sguardo al 2021 viene, infine, offerto con l’analisi delle richieste di curriculum vitae da parte delle imprese del sistema AlmaLaurea; tali valutazioni restituiscono un’istantanea delle più recenti tendenze del mercato del lavoro. A tal fine, infatti, si sono analizzate le informazioni desumibili dalla banca dati dei curricula del sistema AlmaLaurea una banca dati fluida e in continuo aggiornamento, che rappresenta un interessante osservatorio per mezzo del quale monitorare l’andamento della domanda di laureati. Nel 2020 le donne costituiscono quasi il 60% dei laureati in Italia. Da questo primo importante dato parte l’analisi condotta da AlmaLaurea, che sottolinea peraltro la sovente provenienza delle donne da contesti familiari meno favoriti ed evidenzia, dunque, come esse siano state interessate da una minore selezione basata sul background familiare. Infatti, proviene da una famiglia in cui almeno uno dei genitori ha la laurea il 28,3% delle laureate e il 34,3% dei laureati; laddove, poi, i genitori siano in possesso di una laurea, le donne seguono le loro orme con minore frequenza (consegue la laurea nello stesso ambito disciplinare di uno dei genitori il 18,8% delle donne e il 21,7% degli uomini), soprattutto nelle lauree magistrali a ciclo unico, ossia quelle discipline che indirizzano verso la libera professione. Tuttavia, le donne dimostrano migliori performance pre-universitarie (voto medio di diploma 82,5/100, mentre è 80,2/100 per gli uomini); inoltre, provengono più di frequente da percorsi liceali (l’80,7%, rispetto al 68,0% degli uomini). Le donne prendono parte più degli uomini alle esperienze di tirocinio curriculare (61,4% rispetto al 52,1%), ma anche alle esperienze di lavoro durante gli studi (66,0% rispetto al 64,0%) e a quelle di studio all’estero (11,6%, rispetto al 10,9% degli uomini), anche se per queste ultime le differenze con gli uomini risultano molto contenute e poco rilevanti. Le performance universitarie, in termini sia di regolarità negli studi sia di voto di laurea, sono migliori per le donne (concludono gli studi in corso il 60,2% delle donne, rispetto al 55,7% degli uomini; il voto medio di laurea è, rispettivamente, pari a 103,9 e 102,1/110). Quanto agli esiti occupazionali sono confermate le note differenze di genere, nel breve e nel medio periodo, per le diverse possibilità di inserimento nel mercato del lavoro e di valorizzazione professionale. Il tasso di occupazione registra percentuali a vantaggio degli uomini: tra i laureati di primo livello a cinque anni dal titolo pari all’86,0% per le donne e al 92,4% per gli uomini; tra quelli di secondo livello rispettivamente pari a 85,2% e 91,2%. La pandemia da Covid-19 ha poi tendenzialmente ampliato i differenziali di genere, soprattutto in termini di tasso di occupazione. Inoltre, a cinque anni dal titolo, in presenza di figli il divario di genere si amplifica ulteriormente. Gli uomini risultano avvantaggiati anche rispetto ad alcune caratteristiche del lavoro svolto: per loro maggiore lavoro autonomo (a cinque anni dal titolo 7,5% per le donne e 11,6% per gli uomini tra i laureati di primo livello; 20,2% e 21,8%, rispettivamente, tra quelli di secondo livello) o alle dipendenze con un contratto a tempo indeterminato (64,5% per le donne e 67,4% per gli uomini tra i laureati di primo livello; 52,2% e 59,1% tra quelli di secondo livello); per le donne, invece, più contratti non standard, ossia principalmente alle dipendenze a tempo determinato (17,0% per le donne e 12,2% per gli uomini tra i laureati di primo livello; 18,9% e 11,5% tra quelli di secondo livello) anche perché occupate, più degli uomini, nel settore pubblico (35,8% e 28,4% tra i laureati di primo livello; 24,4% e 16,5% tra quelli di secondo livello). Settore in cui, a tal proposito, i tempi di stabilizzazione contrattuale sono notoriamente più lunghi in molteplici ambiti, tra cui, ad esempio, quello – tipicamente femminile – dell’insegnamento. Le donne, infine, dichiarano livelli di efficacia della laurea nel lavoro svolto più elevati di quelli degli uomini: 68,0% e 61,7% tra i laureati di primo livello e 69,2% e 67,7% tra quelli di secondo livello a cinque anni dal titolo. In termini retributivi si conferma il vantaggio a favore degli uomini. In particolare, a cinque anni dalla laurea, gli uomini percepiscono, in media, circa il 20% in più: tra i laureati di primo livello 1.374 euro per le donne e 1.651 euro per gli uomini; tra quelli di secondo livello rispettivamente 1.438 euro e 1.713 euro. L’analisi della professione svolta a cinque anni dalla laurea mostra che sono soprattutto gli uomini a occupare professioni di alto livello, ossia di tipo imprenditoriale o dirigenziale (2,2% tra le donne e 3,9% tra gli uomini) e a elevata specializzazione, ossia per cui è richiesta almeno una laurea di secondo livello (61,7% tra le donne e 63,6% tra gli uomini); inoltre, i dati analizzati evidenziano anche alcuni meccanismi di ereditarietà della professione tra genitori e figli, in particolare maschi. Il Rapporto ha preso in esame anche le aspettative di laureate e laureati e la successiva realizzazione professionale. Nel 2020 le laureate, che dichiarano un maggiore interesse per la quasi totalità degli aspetti del lavoro ideale, continuano a ricercare, più frequentemente degli uomini, la stabilità del posto di lavoro (+11,0 punti percentuali), l’utilità sociale (+10,4 punti percentuali), la coerenza con gli studi (+9,4 punti percentuali) e l’indipendenza o autonomia nel lavoro (+8,9 punti percentuali). Gli uomini, invece, ricercano maggiormente la possibilità di guadagno e il prestigio ricevuto dal lavoro, sebbene con differenze più contenute rispetto alle donne. L’analisi ha riguardato, inoltre, la realizzazione professionale connessa alle aspirazioni lavorative, rilevando l’incidenza di disuguaglianze di genere, anche quando laureate e laureati sono accumunati dalle medesime aspettative lavorative. Le donne che, alla vigilia della conclusione del percorso formativo, ricercavano la stabilità del lavoro presentano, a cinque anni dal titolo, non solo un minor tasso di occupazione ma anche una minor quota di occupate alle dipendenze a tempo indeterminato. Tra i laureati che, sempre in prossimità della laurea, ricercavano nel proprio lavoro la coerenza con gli studi compiuti e la rispondenza agli interessi culturali, i differenziali di genere sono tendenzialmente più contenuti, ma a fronte di una maggiore penalizzazione in termini di tasso di occupazione, tipologia contrattuale e retribuzione. In sostanza, le differenze di genere sono più contenute negli scenari occupazionali di livello più modesto. Tra i laureati che, alla vigilia del titolo, ricercavano principalmente guadagno e carriera, il differenziale di genere, a sfavore delle donne, aumenta. Ultimo aspetto, esplorato nel rapporto da AlmaLaurea, è il fenomeno della migrazione per motivi di studio e di lavoro dei laureati, che riguarda soprattutto chi proviene dal Mezzogiorno; l’approfondimento ha riguardato i soli cittadini italiani residenti in Italia. La migrazione per motivi di studio dei meridionali è più intensa per gli uomini rispetto alle donne (23,6%, +2,9 punti percentuali rispetto al 20,7% delle donne), anche se negli anni più recenti il divario di genere è andato via via attenuandosi. Il livello di istruzione della famiglia di origine condiziona tale fenomeno: si spostano di più i laureati meridionali che provengono da contesti culturalmente più favoriti. È però interessante evidenziare che nelle famiglie più favorite non si rilevano differenze di genere nelle scelte di mobilità, mentre nei contesti meno favoriti sono soprattutto gli uomini a spostarsi (+3,7 punti percentuali). Anche la mobilità per lavoro è una caratteristica peculiare dei residenti nel Mezzogiorno e degli uomini. Il fenomeno riguarda in particolare lo spostamento dal Mezzogiorno verso il Nord o, a prescindere dalla residenza, verso l’estero. A cinque anni dal titolo, tra i residenti nel Mezzogiorno, si sposta il 49,8% degli occupati uomini rispetto al 43,0% delle donne (+6,8 punti percentuali). Nelle aree del Centro e, soprattutto, in quelle del Nord la mobilità per lavoro è più contenuta, seppur più frequente tra gli uomini. La mobilità lavorativa verso l’estero è relativamente più diffusa tra gli uomini (5,8% rispetto al 3,8% delle donne). A prescindere dalla destinazione, la mobilità lavorativa si associa a livelli retributivi più elevati. In particolare, i laureati residenti nel Mezzogiorno che si sono trasferiti al Nord percepiscono una retribuzione mensile netta più elevata, non solo di coloro che risiedono e lavorano nel Meridione (+18,3%), ma anche di quanti risiedono e lavorano al Nord (+2,3%). Allo stesso tempo, alla mobilità lavorativa si associano differenziali di genere più contenuti, pur sempre a favore della componente maschile. Infatti, tra i residenti nel Mezzogiorno che lavorano al Nord il differenziale retributivo tra uomini e donne è pari al 14,8%, mentre sale per chi lavora nella propria ripartizione geografica di residenza: 21,5% tra i laureati del Mezzogiorno e 16,7% tra quelli del Nord. Tra i laureati dei percorsi STEM si evidenzia una maggiore mobilità per motivi di studio e di lavoro. Resta confermato che, anche all’interno di questi percorsi, le donne tendono a spostarsi meno frequentemente rispetto agli uomini. Concentrandosi in particolare sulle retribuzioni, i differenziali di genere, pur sempre a favore degli uomini, risultano più contenuti tra i laureati STEM e si riducono ulteriormente tra coloro che decidono di spostarsi per motivi lavorativi. Per concludere uno sguardo all’istantanea delle più recenti tendenze del mercato del lavoro analizzate sulla base delle informazioni desumibili dalla banca dati dei curricula del sistema AlmaLaurea . Le analisi sono concentrate sul triennio 2019-2021. Osservando le richieste di CV da parte delle imprese, distintamente per trimestre, è evidente l’effetto della pandemia sulla contrazione delle richieste, intercettata a partire dalla prima metà del 2020, quella del lockdown. In questa fase, il calo delle richieste di CV ha coinvolto soprattutto le ricerche di profili professionali associati prevalentemente a uomini. Tale calo ha determinato, in corrispondenza del secondo trimestre del 2020, l’avvicinamento della curva maschile a quella femminile (le richieste di CV sono state, rispettivamente, poco meno di 71mila per i laureati e 67mila per le laureate). Nei trimestri successivi, in corrispondenza della progressiva riapertura delle attività economiche, si rileva un tendenziale aumento delle richieste di CV, che ha riguardato in particolar modo proprio i profili associati agli uomini. L’esito di tale tendenza è il riallontanamento, verso livelli più elevati, della curva maschile da quella femminile (nel quarto trimestre 2021 le richieste di CV sono state quasi 193mila per i laureati e quasi 152mila per le laureate). Sostanzialmente, dunque, la ripresa del mercato del lavoro pare aver coinvolto in particolare i profili professionali associati agli uomini.