Roma – A introdurre l’iniziativa “Banche, lavoro e Paese. La parola ai numeri: contratti, crescita dei salari e diritti”, è stato Agostino Megale, presidente dell’Isfr Lab, parlando prima del rapporto. “Siamo il settore del credito e delle assicurazioni, sul piano quantitativo non paragonabili ai meccanici, alla funzione pubblica e altri comparti – ha esordito -, ma per la natura e caratteristiche delle banche possiamo tradurre la Fisac, i dirigenti, le Rsa, gli iscritti e i lavoratori in una formula: siamo bancari al servizio del Paese. Vogliamo sfatare un luogo comune: i valori della Fisac guardano a tutto il mondo del lavoro e ragionano in ottica confederale”. Nel dibattito è poi intervenuto Leonello Tronti, docente di Economia e politica del lavoro all’Università di Roma Tre. “In Italia è cominciata la recessione tecnica, anche se con il segno -0,1% – ha osservato -: una perdita di reddito modesta che però negli altri Paesi europei non si è verificata. Viviamo una situazione di difficoltà che proietta ombre sul futuro”. Le cause, ha proseguito, sono iscritte nell’adozione di un modello di sviluppo trainato dalle esportazioni: “Una forma di ‘neomercantilismo povero’: neomercantilismo perché baratta la crescita delle esportazioni con la depressione dei salari, povero perché determina una crisi sociale, il lavoro perde potere d’acquisto e salario indiretto, dalle pensioni all’assistenza”. Modello che non funziona: “Le esportazioni di fatto sono cresciute, certo, ma poche imprese non sono abbastanza forti per espandere la ricchezza che hanno creato al resto del Paese. I consumi non sono mai tornati ai livelli pre-crisi”. L’economista ha poi parlato dei salari. “Le scelte di compressione dei consumi interni e stagnazione salariale vengono da molto lontano, non iniziano dal 2008 ma dal 1991, quando entrò in vigore la disdetta della scala mobile da parte della Confindustria di Pininfarina. Da quel momento il salario è entrato in una spirale di stagnazione da cui non è ancora uscito. Questo si ripercuote su tutto, dagli stipendi ai consumi e naturalmente sulla crescita del Paese: le aziende che guadagnano portano le risorse all’estero, perché lì vedono una prospettiva di crescita”. Ha concluso i lavori il segretario generale della Cgil Maurizio Landini.