Roma – La polarizzazione dell’occupazione che penalizza operai, artigiani e impiegati. Chi ha vinto in questi anni nella ripresa dell’occupazione si trova in cima e nel fondo della piramide professionale. Nel periodo 2011-2016 operai e artigiani diminuiscono dell’11%, gli impiegati del 3,9%. Le professioni intellettuali invece crescono dell’11,4% e, all’opposto, aumentano gli addetti alle vendite e ai servizi personali (+10,2%) e il personale non qualificato (+11,9%). Nell’ultimo anno l’incremento di occupazione più rilevante riguarda gli addetti allo spostamento e alla consegna delle merci (+11,4%) nella delivery economy. Nella ricomposizione della piramide professionale aumentano dunque le distanze tra l’area non qualificata e il vertice. E se tra il 2006 e il 2016 il numero complessivo dei liberi professionisti è aumentato del 26,2%, quelli con meno di 40 anni sono diminuiti del 4,4% (circa 20.000 in meno). La quota di giovani professionisti sul totale è scesa al 31,3%: 10 punti in meno in dieci anni. Solo il 26,2% della popolazione italiana di 30-34 anni è in possesso di un titolo di studio di livello terziario: siamo penultimi in Europa, prima solo della Romania (25,6%) e a distanza da Regno Unito (48,2%), Francia (43,6%), Spagna (40,1%) e Germania (33,2%). La scarsa attrattività dell’istruzione terziaria in Italia scaturisce dal mismatch tra domanda e offerta di lavoro per le qualifiche più elevate e da un’offerta basata nel nostro Paese quasi esclusivamente sui percorsi accademici e poco professionalizzanti. Da un lato la quota di laureati è troppo bassa, dall’altro il mercato del lavoro non riesce ad assorbirne a sufficienza. Nel 2016 solo il 12,5% delle assunzioni previste dalle imprese riguardava laureati. Nell’ultimo anno il tasso di disoccupazione dei laureati 25-34enni è stato pari al 15,3%, non distante da quello relativo all’intera coorte d’età (17,7%). Stipendi bassi (in media la retribuzione mensile netta dei laureati magistrali biennali a cinque anni dalla laurea è di 1.344 euro in Italia, all’estero di 2.202 euro), ampia quota di occupati sovraistruiti rispetto al lavoro che svolgono (il 37,6%), esiguo differenziale retributivo rispetto a chi si ferma al diploma (+14%).