Milano – E’ il Corriere Della Sera a registrare il terremoto Brexit nel mondo dell’impresa del Regno Unito. In sofferenza soprattutto finanza e servizi che valgono l’11,8 del Pil con 2,2 milioni di addetti. “Se prima dello storico 23 giugno eravamo rimasti fermi alle minacce, alle previsioni catastrofiche sulle conseguenze che la Brexit avrebbe portato, alle subdole o meno subdole promesse di tagli feroci – scrive il quotidiano di via Solferino – adesso siamo un bel passo avanti perché il quotidiano di riferimento della City riporta la decisione di alcuni colossi del credito di dare seguito a quei propositi”. “L’industria finanziaria e dei servizi conta per l’11,8 per cento del Pil britannico, offre un contributo di 190 miliardi di sterline all’economia, genera un surplus annuale di 77 miliardi, manovra una massa di 1,3 trilioni di miliardi di «asset» in euro, si compone di 155 istituti di ogni continente che hanno il via libera per l’operatività e impiega 2 milioni e duecento mila persone, due terzi dei quali a Londra. La posta in gioco è enorme.Alla vigilia del referendum erano usciti allo scoperto i numeri uno di HSBC, di JP Morgan, di Goldman Sachs, di Morgan Stanley, di Citigroup, Deutsche Bank, ossia i pilastri dei mercati mondiali, prefigurando scenari di uscita e di delocalizzazione a Dublino, Francoforte, Parigi”. “Creare allarmismi non conviene a nessuno. E non siamo ancora al pronti e via. Però nelle segrete stanze si sta accelerando. Quanto meno nella progettualità dell’uscita. Fase di preparazione. Poi si deciderà”.