Milano – Si mostra preoccupato – in una intervista al Corriere Della Sera il neoministro dello Sviluppo Economico, Carlo Calenda, sul negoziato che riguarda il Ttip (Trattato transatlantico su investimenti e commercio) tra Europa e Stati uniti, “se non ci saranno progressi, l’accordo non si chiuderà”. “L’Italia è uno dei Paesi che beneficerebbe in misura maggiore dell’accordo di libero scambio tra Europa e Stati Uniti. Il trattato ha l’obiettivo di ridurre i dazi e le barriere non tariffarie che gravano sulle esportazioni sia americane sia europee. Facile immaginare cosa significhi per un’economia come quella italiana che poggia, per esempio, sull’export agroalimentare e tessile. L’accordo eliminerebbe quei picchi tariffari e non tariffari che arrivano a pesare fino al 40% sul costo di un bene. Un valore che rende l’idea di quanto potrebbe crescere il nostro export. Va evidenziato un ulteriore aspetto”. Poi aggiunge “Le campagne di informazione contrarie al Ttip hanno denunciato il rischio che l’accordo privilegi le grandi multinazionali a danno delle medie imprese. Una tesi assurda poiché l’eliminazione di dazi e tariffe agevolerà proprio le medie e piccole aziende”. C’è però la necessita “di stabilire regole precise per quanto riguarda i prodotti che sembrano italiani ma non lo sono, soprattutto nel settore agroalimentare. Un caso pratico è quello del formaggio Asiago prodotto nello Stato del Wisconsin e distribuito nel mercato nord americano. Premesso che la trattativa non può portare alla richiesta di interromperne le produzione, chiudendo uno stabilimento che magari esiste da decenni. Il tema è, piuttosto, fissare regole che impediscano confusioni su dove è prodotto il bene. Evitando che un formaggio americano possa, per esempio, riportare una bandierina italiana o altri elementi fuorvianti”. “Il prossimo round nel mese di luglio tra la commissione Ue e i rappresentanti di Washington stabilirà se ci sono i presupposti per la chiusura prima della conclusione dell’amministrazione Obama. Al momento la strada appare in salita”. Ma il ministro insiste “il Ttip è fondamentale per chiudere la prima fase della globalizzazione e riequilibrarne gli effetti che sono stati pesanti in occidente per la classe media”.